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1.1 FOOD & DRINKS - DESSERT: Tiramisù al piatto!
Tanti padri e leggende confuse intorno alla nascita del più classico dei dolci italiani. Che, in realtà, nacque a Treviso nel 1970. Prendendo le mosse da una sorta di zabaione, lo sbatudin. Ma con qualche influenza arrivata dalle regioni vicine. È così buono che è come se ci fosse da sempre. Fa parte della nostra vita. Feste a parte, è il dolce italiano per eccellenza. Troppi complimenti? No, se ad esserne oggetto è lui: il tiramisù. Ma dove e quando nacque questo dolce così amato? E qual è la ricetta originale? Seguiteci nel nostro consueto viaggio alle origini delle nostre eccellenze enogastronomiche. Un viaggio, come si vedrà, non facile: il tiramisù è un dolce piuttosto recente, e i “padri” sono molti.
Loly Linguanotto e Giuseppe Maffioli
Diciamo subito che il “tiramisù” potremmo chiamarlo anche “tirame sù”, visto che il dolce ha un luogo di nascita ben preciso: Treviso. Tutto nacque dallo “sbatudin”, dolce povero ed energetico a base di tuorlo d’uovo montato con lo zucchero, destinato soprattutto ai bambini, agli anziani e ai convalescenti. Alla fine degli anni ’60, l’attore, regista e gastronomoGiuseppe Maffioli pubblica un libro, La cucina trevigiana, in cui descrive l’usanza veneta di consumare lo zabaione assieme alla panna montata e a dei biscotti secchi detti baicoli. Sta succedendo qualcosa, i pasticcieri e i ristoratori trevigiani stanno lavorando per tirare fuori da quello “sbatudin” un dolce veramente speciale. Che vedrà la luce nel 1970, come testimonierà lo stesso Maffioli su Vin Veneto, la rivista da lui fondata, nel primo numero dell’anno 1981. “È nato recentemente, poco più di due lustri or sono, un dessert nella città di Treviso, il ‘Tiramesù‘, che fu proposto per la prima volta nel ristorante Alle Beccherie da un certo cuoco pasticcere di nomeLoly Linguanotto che, guarda caso, giungeva da recenti esperienze di lavoro in Germania. Il dolce e il suo nome “tiramisù”, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia. Di per se stesso è in fondo una ‘zuppa inglese al caffè’, ma non era ancora ‘Tiramesù’, e bisogna ammettere che il ‘nome’ ha una sua prestigiosa importanza”. Intervistato dal TG2 nel 2012, l’ultimo titolare del ristorante (chiuso malinconicamente nel 2014), Carlo Campeol, la raccontava così: “Solo agli inizi degli anni ’70, non inventando nulla ma solo unendo ingredienti da sempre utilizzati e a tutti noti, è nato un dolce che ha scatenato la fantasia di molti e la voglia di primogenitura da parte di tutti”.
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Tratto da: www.lacucinaitaliana.it
1.2 FOOD & DRINKS: Coniglio all'Ischitana!
Il Coniglio all’Ischitana è il piatto più tradizionale dell’isola del Golfo di Napoli, una specialità quasi leggendaria, specialmente se ascoltiamo le testimonianze di coloro che, non isolani, hanno avuto la fortuna di mangiarlo come Arte comanda sull’isola verde. Secondo la tradizione, il Coniglio all’Ischitana ha quasi 2500 anni ed è nato quando i Siracusani arrivano sull’isola di Ischia nel loro progetto di dominare il Mediterraneo: a quel tempo Ischia aveva una vera e propria sovrabbondanza di questi animali, che così diventarono la materia prima con la quale sfamare i nuovi coloni siciliani. Durante tutti questi secoli la ricetta ha subìto modifiche, ovviamente, e infatti adesso troviamo i pomodorini che sono giunti in Europa solo dopo la scoperta delle Americhe, da parte di Cristoforo Colombo.
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Tratto da: www.vesuviolive.it
1.3 FOOD & DRINKS: Pasta e Fasul con cozze!
Pasta e fagioli. Quando nacque questo “magnifico” incontro? Circa 2000 anni fa. Si tratta, infatti, di una pietanza molto antica: all’epoca dei Romani, prima dell’arrivo della pasta secca, erano già presenti le zuppe di fagioli, cucinate con ortaggi e spezie, all’interno delle quali ci si inzuppava il pane. Proveniente dalle cucine dei braccianti e contadini, è un piatto economico e allo stesso tempo nutriente, ricco di carboidrati e proteine. A quei tempi questo legume era consumato abitualmente ma non veniva ritenuto un cibo prelibato. Virgilio lo chiamava “vilem phaseulum” perchè abbondante, non per pochi eletti, e per questo non degno di dare il proprio nome alle illustri famiglie (al contrario di altri legumi: Pisoni-piselli, Lentulo-lenticchie, Fabia-fava). Durante il Medioevo, la facilità della sua coltivazione e le notevoli proprietà nutritive lo resero un alimento del popolo e dei conventi: veniva utilizzato come ingrediente nelle zuppe o come contorno di carni con le quali veniva cotto. In Francia veniva chiamato “mongette”, in Italia “fasselo o fasolo” (da cui la variante dialettale napoletana “fasul”). Esistono diverse varianti regionali di questa pietanza, tanto è vero che non è possibile definire con certezza quale sia la sua origine, ma naturalmente, non poteva mancare la versione napoletana: si tratta, infatti, di uno dei primi piatti più amati dal popolo partenopeo. Una particolarità della versione napoletana è che la pasta viene cotta direttamente insieme ai legumi, invece di essere cotta a parte e poi aggiunta ai fagioli. Con questa preparazione tutto l’amido della pasta, che andrebbe invece perso scolando la pasta, viene conservato. Un’altra caratteristica della versione napoletana è che la pasta deve essere rigorosamente mista (a Napoli si chiama “la munuzzaglia)”, mentre il fagiolo deve essere quello bianco, ovvero il cannellino, che unito alla pasta crea un sugo più denso e cremoso ("azzeccato" in napoletano). A tal proposito, a fine cottura, è importante che la pasta riposi, nel piatto o nella pentola, per qualche minuto prima di essere mangiata. È chiaro dunque, che nella versione partenopea, questo piatto non deve essere assolutamente brodoso. Di pasta e fagioli ne esistono due versioni: c’è chi la preferisce bianca e chi con il pomodorino. Molto popolare, nella cucina napoletana, è anche l'aggiunta delle cotiche o delle cozze per rendere la pietanza più ricca. Che sia bianco, rosso, con le cotiche o con le cozze, si tratta di un piatto talmente buono che si usa mangiarlo anche freddo. Eduardo De Filippo in "Natale in Casa Cupiello" diceva: "Io lo so che quando si fanno i fagioli in casa mia si fanno che possono bastare per tre giorni, perché ci piace di mangiarli freddi al giorno appresso, e pure riscaldati la sera.. 'a matina pe' merenda”.
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Tratto da: www.napolitoday.it